Francesco Di Stefano (Europa 7): “Dopo 20 anni di vittorie voglio la frequenza tv”

Una lettera al presidente del Consiglio e una al ministro dello Sviluppo. Le ha spedite il 18 settembre scorso l’editore romano Francesco Di Stefano per chiedere che venga applicata una sentenza della Corte di Giustizia europea che gli permetterebbe di avere una nuova frequenza tv.

È l’ ultimo capitolo di una saga che vede Di Stefano battagliare da vent’anni per la possibilità di creare una tv nazionale fuori dell’ oligopolio Rai-Mediaset, in un guazzabuglio normativo e amministrativo nel quale i governi e l’Autorità garante per le comunicazioni hanno assecondato più che altro gli interessi del colossi dominanti. La speranza dell’editore è che il nuovo esecutivo si mostri meno deferente.

La saga. Alla fine degli anni 90 Di Stefano raggruppa una serie di emittenti locali per fondare Europa 7. Nel 1999 il governo D’Alema, cercando di mettere ordine in un sistema in cui ogni successiva stratificazione normativa e giurisprudenziale aveva lasciato le cose com’erano, indice una gara pubblica. Europa 7 si aggiudica una delle otto concessioni nazionali in palio. Ma non può trasmettere, perché gli sono negate le frequenze: sono quelle che avrebbe dovuto liberare Rete 4, l’emittente di Mediaset che dovrebbe traslocare sul digitale satellitare, ma prosegue sui canali analogici con un’abilitazione provvisoria, dato che per l’Agcom non ha ancora un “congruo sviluppo delle antenne satellitari”, condizione stabilita dalla legge Maccanico.

Di Stefano comincia a far partire ricorsi e richieste di risarcimento. Arrivano una serie di sentenze che dovrebbero soddisfare le richieste di Europa 7, ma arriva anche, nel 2004, la legge Gasparri, che salva di nuovo il monopolio Mediaset, allargando il ventaglio di mezzi su cui calcolare i tetti pubblicitari anti-monopolio. La svolta per Europa 7 arriva col passaggio al digitale terrestre: nel 2008, a Di Stefano viene assegnato un multiplex (Mux) di frequenze, il canale 8 VHF; nell’aprile 2010 per completare la copertura gli vengono assegnate frequenze integrative (“cerotti UHF” in gergo). Europa way, il nuovo nome della società, può quindi trasmettere su scala nazionale e avvia un progetto per una nuova piattaforma ricevibile anche su dispositivi mobili, il cui lancio è atteso nei prossimi mesi. La Corte europea dei Diritti umani nel 2012 ha inoltre riconosciuto a Di Stefano un risarcimento di 10 milioni, a carico dello Stato italiano.

L’ultimo capitolo. Nel 2012 il governo Monti annulla la procedura per assegnare ulteriori frequenze digitali indetta l’anno prima dal governo Berlusconi. Un beauty contest (valutazione delle offerte), in cui Europa Way era stata l’ unica a partecipare, e quindi a vincere, per il lotto di frequenze del canale 6 VHF; Rai, Mediaset e Telecom sono assegnatari degli altri cinque lotti. Ma se alla tv di Di Stefano non va nulla, negli anni successivi, il ministro dello Sviluppo concede agli altri (Cairo Communication è succeduta a Telecom come editore di La7) le frequenze richieste, per risolvere “problematiche interferenziali”.

Nuovo ricorso di Europa Way alla Corte di Giustizia europea che, il 26 luglio 2017, gli dà ragione. Non solo: afferma che Rai e Mediaset hanno avuto più multiplex del necessario. Il Consiglio di Stato, che deve recepire la sentenza europea, si riunisce oggi, se il dispositivo fosse accolto integralmente, sarebbero da ridiscutere tutte le concessioni. “Le sentenze della Corte sono immediatamente esecutive”, fa notare Di Stefano, “Ma a noi non interessa che vengano tolte frequenze agli altri, basta che ci diano quelle che ci spettano”. (Il Fatto Quotidiano)

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