Liberalizzazioni e gestione collettiva dei diritti di proprietà intellettuale. Tra incertezze normative e presunti abusi, quale tutela per gli utilizzatori?

Il diritto d’autore ed il progressivo processo di liberalizzazione della gestione collettiva italiana è senz’altro un tema molto complesso, visto il contesto normativo su cui si è sviluppato e gli interessi contrapposti.

Il dibattito, tuttavia, si è prevalentemente incentrato sui diritti (ed i contrasti) delle società di intermediazione dei diritti d’autore, le cc.dc. collecting e, sia pur di riflesso, sui diritti di artisti, interpreti ed esecutori, lasciando in secondo piano i riflessi di tale liberalizzazione sugli utilizzatori, ovvero sui clienti finali di tutta l’attività creativa.

Pertanto, oggetto del presente intervento è propria la lettura critica della normativa dal punto di vista degli utilizzatori e l’analisi delle implicazioni concrete che la nuova disciplina ha prodotto rispetto ai loro interessi.

In Italia l’attività di intermediazione, relativamente ai diritti di rappresentazione, di esecuzione, di recitazione, di radiodiffusione (compresa la comunicazione via satellite) e di riproduzione meccanica e cinematografica è stata a lungo riservata in via esclusiva alla SIAE (ex art. 180 della legge n. 633/19414 sulla protezione del diritto di autore).

Difatti, mentre in Europa il processo di liberalizzazione era stato avviato già nel 2012 e cristallizzato con la Direttiva 2014/26/UE “sulla gestione collettiva dei diritti d’autore e dei diritti connessi e sulla concessione di licenze multiterritoriali per i diritti su opere musicali per l’uso online nel mercato interno”, (c.d. “direttiva Barnier”), in Italia bisogna attendere il 2017 per una prima parziale apertura al suddetto iter, con la pubblicazione del D. Lgs. 15 marzo 2017 n. 35, di recepimento della citata Direttiva comunitaria.

Si tratta, tuttavia, di un avvio incerto, intriso di contraddizioni e soprattutto privo di quel necessario taglio netto con il sistema pregresso.

Difatti, nonostante l’art. 4 del D. Lgs. n. 35/2017 riconoscesse ai titolari dei diritti in questione la facoltà di affidare la gestione dei diritti e degli altri materiali protetti ad un organismo di gestione collettiva o ad un ente di gestione indipendente di loro scelta, faceva salvo quanto disposto dall’art. 180 della Legge 633/1941 in termini di attribuzione in esclusiva alla SIAE dell’attività intermediazione dei diritti d’autore ivi indicati.

Il Governo, successivamente, al fine di superare tale contraddizione ed evitare l’avvio di una procedura di infrazione, introduceva al Decreto Legge 16 ottobre 2017, n. 148 (Disposizioni urgenti in materia finanziaria e per esigenze indifferibili) l’art. 19 (Liberalizzazione in materia di collecting).

Tale norma apportava un’ulteriore modifica all’articolo 180 della Legge n. 633/1941, attribuendo l’esercizio dell’attività di gestione collettiva del diritto d’autore, in un regime di concorrenza con la SIAE, ai soli organismi di gestione collettiva, di cui al D. Lgs. 35/2017, stavolta con l’esclusione degli enti di gestione indipendente.

Tuttavia, se da un punto di vista normativo si è tentato di garantire il completo iter di liberalizzazione imposto dall’Europa, concretamente le questioni “interpretative” sono state e sono tuttora presenti, con conseguenti ripercussioni negative anche sugli utilizzatori, i quali, senza dubbio, sono coloro che passivamente subiscono le conseguenze negative di tale contesto.

Quest’ultimi, infatti, sono stati costretti a confrontarsi con nuove regole e nuovi obblighi, non sempre di agevole cognizione ed applicazione, in un contesto in cui la SIAE, probabilmente forte del suo “presunto” ruolo istituzionale, a torto od a ragione, ha sostanzialmente mantenuto la posizione di monopolio già ad essa attribuita dal citato art. 180 nella gestione collettiva delle attività di intermediazione.

Ed allora, gli aspetti più rilevanti per le emittenti radiotelevisive sono quelli contemplati all’art. 23, rubricato “Obblighi degli utilizzatori”, il quale dispone che, salvo diversi accordi intervenuti tra le parti, entro novanta giorni dall’utilizzazione, gli utilizzatori devono far pervenire agli organismi di gestione collettiva, nonché alle entità di gestione indipendente, in un formato concordato o prestabilito, le pertinenti informazioni a loro disposizione, necessarie per la riscossione dei proventi dei diritti e per la distribuzione ed il pagamento degli importi dovuti ai titolari dei diritti, e riguardanti l’utilizzo di opere protette.

Ove necessario all’assolvimento dei propri obblighi, gli utilizzatori esercitano senza indugio il diritto di informazione di cui all’articolo 27, indicando puntualmente agli organismi di gestione collettiva ed entità di gestione indipendenti le informazioni non in loro possesso. In questa ipotesi il termine di 90 giorni è sospeso fino alla data di ricezione di informazioni corrette, complete e congruenti.

Va anche detto che, ex art. 27 D. Lgs, 35/2017, gli utilizzatori hanno il diritto di richiedere agli enti titolati informazioni in merito alla loro rappresentanza ed alla titolarità delle opere: gli organismi di gestione collettiva e le entità di gestione indipendenti, fatto salvo quanto previsto dall’articolo 31, mettono a disposizione degli organismi di gestione collettiva per conto di cui gestiscono diritti nel quadro di un accordo di rappresentanza o di qualsiasi titolare di diritti o utilizzatore, per via elettronica e tempestivamente, almeno le seguenti informazioni:

a) le opere o gli altri materiali che gestiscono, i diritti che rappresentano, direttamente o sulla base di accordi di rappresentanza e i territori oggetto di tali accordi;

b) qualora non sia possibile determinare tali opere o altri materiali protetti a causa dell’ambito di attivita’ dell’organismo di gestione collettiva, le tipologie di opere o di altri materiali protetti che rappresentano, i diritti che gestiscono e i territori oggetto di tali accordi.

Le informazioni di cui al comma 1 sono fornite agli utilizzatori in modalità tali da garantire l’elaborazione delle informazioni ricevute dagli stessi in forma integrata. A tal fine, con decreto del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo sono definite le modalità’ minime comuni relative alla fornitura in via informatica di tali informazioni.

Ora, in tale rinnovato contesto normativo, a fronte di tali nuovi obblighi imposti agli utilizzatori, sul piano concreto, gli stessi nella maggior parte dei casi, si sono trovati difronte ad una condotta posta in essere dall’ex monopolista – che tanto ex non sembra – che ha mantenuto e addirittura ampliato la propria posizione dominante sui mercati considerati, “abusando” della stessa tanto nei confronti delle altre collecting che degli utilizzatori medesimi.

Il riferimento è senza dubbi alla gestione abusiva dei diritti attuata dalla SIAE nei rapporti con gli utilizzatori, in particolare nella riscossione dei compensi: essa pretende, infatti, dall’utilizzatore il versamento integrale di tutti i diritti d’autore delle opere, anche di quelli spettanti ad aventi diritto non iscritti o che non abbiano ad essa conferito alcun mandato.

Difronte a tali richieste, gli utilizzatori nella maggior parte dei casi non hanno sollevato dubbi sulla legittimità di tale condotta, proprio perché posta in essere da un Ente, quale la SIAE, che per anni è stato l’unico loro interlocutore “istituzionale”.

Tuttavia, le conseguenze per gli stessi possono essere di non poco conto, poiché la medesima richiesta di pagamento potrebbe (come di fatto è avvenuto) essere avanzata da altre collecting che hanno ricevuto incarico da autori non legati alla SIAE da alcun mandato.

A ciò si ricollega, altresì, la questione del rilascio di licenze da parte di SIAE in favore delle emittenti televisive per l’utilizzo delle opere tutelate dal proprio repertorio.

Anche in questo caso la SIAE ha posto in essere pratiche escludenti complessivamente finalizzate ad impedire la negoziazione delle emittenti radiotelevisive con altre collecting, per preservare la propria posizione privilegiata nei rapporti con tali utilizzatori.

In particolare, ancora oggi i rapporti con le emittenti radiotelevisive sono regolati sulla base di vecchi contratti, scaduti da anni e continuamente prorogati dalla SIAE, la quale, continuando ad operare come monopolista, ha finto di ignorare l’evoluzione normativa del mercato.

Il riferimento è alle cosiddette “licenze in bianco”, rilasciate da parte di SIAE alle emittenti televisive per l’uso di tutti i repertori della collecting, che ai tempi della stipulazione dei contratti rappresentavano il totale delle opere utilizzabili in Italia, e relative inoltre a qualunque forma di utilizzazione, legata sia ai diritti dei soci che ai diritti dei non iscritti.

Inoltre, sotto altro profilo, nei citati contratti sono previste tariffe forfettarie calcolate sui ricavi degli utilizzatori, applicando aliquote e coefficienti, non in linea con le pratiche adottate dalle collecting a livello europeo, fondate su approcci analitici che tengono conto di diverse variabili, quali, ad esempio, le dimensioni del repertorio amministrato dalla collecting, il grado e l’intensità dell’uso del repertorio e la sua rilevanza per l’utilizzatore.

Ora, dette condotte, ancora oggi non superate, sono ampiamente conosciute tanto dall’AGCM, dall’AGCOM che dalle OCG concorrenti.

L’abuso di posizione dominante, in violazione dell’art. 102 TFUE, è stata difatti accertata dalla stessa AGCM con provvedimento del 25 settembre 2018, a conclusione del procedimento avviato con delibera del 5 aprile 2017, a seguito del ricevimento di articolate denunce delle condotte della SIAE da parte dei due principali operatori concorrenti, Innovaetica e Soundreef.

Tuttavia, per le violazioni accertate, l’AGCM ha irrogato alla SIAE solamente una sanzione pecuniaria simbolica di 1.000 euro!

LA SIAE, dal canto suo, ha continuato a sostenere la legittimità di tale condotta, impugnando dinanzi al Giudice Amministrativo il citato provvedimento.

Il Giudizio si è concluso in primo grado con la sentenza n. 11330/2019, con la quale il TAR Lazio, nel rigettare il ricorso proposto dalla SIAE, ha confermato come i comportamenti posti in essere dalla stessa erano diretti a mantenere la propria posizione dominante senza tenere in considerazione l’evoluzione del mercato e della normativa Europea.

Per completezza va evidenziato che avverso la citata pronuncia è tutt’ora pendente appello al Consiglio di Stato promosso dalla SIAE.

Non si può infine sottacere dell’esistenza di numerosi contenziosi tra la SIAE e le altre collecting operanti in Italia e della recente sottoscrizione tra gli stessi di specifici accordi per porre fine agli stessi.

Sempre sotto il profilo giurisprudenziale, assume rilievo dal punto di vista degli utilizzatori, anche la recente decisione del Tribunale di Milano, Sezione Specializzata in materia di Impresa, la numero 7903 del 3 dicembre 2020, la quale ha sostanzialmente asserito come “i comportamenti posti in essere” dalla SIAE rimandano a “condotte abusive di esclusione” messe in atto impedendo “l’ingresso in tale mercato di potenziali concorrenti con l’intento di conseguire rendite monopolistiche”.

Nello specifico, per quanto di interesse, i giudici milanesi hanno sottolineato come dette condotte si sono concretizzate e producono ancora i loro effetti, nel comportamento della SIAE che, in assenza di alcuna riserva di legge “si è presentata dinanzi agli utilizzatori come unico ente di riscossione dell’equo compenso con funzione di ripartizione di esso rispetto alla generalità degli autori delle opere medesime, a prescindere dall’esistenza di un rapporto volontario di rappresentanza ad essa conferito da ciascuno di essi in base alla manifestata volontà di associazione a SIAE o di conferire ad essa specifico mandato”. 

Per cui, l’adozione di accordi con gli utilizzatori comprensivi dell’obbligazione imposta ad essi di corrispondere per intero l’equo compenso costituisce condotta illegittima nei confronti degli utilizzatori, i quali si trovano esposti al rischio concreto che gli altri OCG potrebbero esercitare direttamente tali pretese nei loro confronti per conto degli aventi diritto all’equo compenso.

La citata decisione è di sicuro rilievo, giacché, proprio in ragione di tale abuso, la stessa ha accertato la nullità ex art. 1418 c.c. degli accordi conclusi da SIAE con gli utilizzatori per violazione delle norme antitrust.

Come si può ben desumere, quindi, gli scenari che si aprono per gli utilizzatori sono diversi e senza dubbio valgono in una direzione di tutela dei loro interessi, proprio in considerazione del ruolo fondamentale dagli stessi rivestito ai fini di un’effettiva e compiuta liberalizzazione della gestione  collettiva dei diritti di proprietà intellettuale.

Avvocato Rosa Lacava Avvocato Palma Spina